venerdì 17 gennaio 2014

Vivere Ecologico: Un primo sguardo alla bioeconomia

Con il termine Bioeconomia si indica una teoria economica proposta da Nicholas Georgescu-Roegen per un'economia ecologicamente e socialmente sostenibile.
Egli riteneva che qualsiasi processo economico che produce merci materiali diminuisce la disponibilità di energia nel futuro e quindi la possibilità futura di produrre altre merci e cose materiali.
Inoltre, nel processo economico anche la materia si degrada ("matter matters, too"), ovvero diminuisce tendenzialmente la sua possibilità di essere usata in future attività economiche: una volta disperse nell'ambiente le materie prime precedentemente concentrate in giacimenti nel sottosuolo, queste possono essere reimpiegate nel ciclo economico solo in misura molto minore e a prezzo di un alto dispendio di energia. Tale principio è stato definito provocatoriamente dal suo autore, Georgescu-Roegen, Quarto principio della termodinamica.
Materia ed energia, quindi, entrano nel processo economico con un grado di entropia relativamente bassa e ne escono con un'entropia più alta. Da ciò deriva la necessità di ripensare radicalmente la scienza economica, rendendola capace di incorporare il principio dell'entropia e in generale i vincoli ecologici.
Parzialmente ispirata ai concetti della bioeconomia è la Permacultura, ossia l'insieme di pratiche agronomiche che si prefigge l'obiettivo di preservare la fertilità dei campi tramite imitazione della natura.
Meglio sapremo descrivere e capire gli elementi e le strutture dei sistemi biologici nel loro complesso (e predirre le loro reazioni ai fattori esterni), più abili saremo ad usarli per sviluppare tecnologie delle quali beneficeranno l'uomo e la natura. "Bioeconomy" si riferisce all'uso sostenibile delle risorse biologiche quali piante, animali e micro organismi. Include un grandissimo numero di comparti produttivi: agricoltura, gestione delle foreste, orticoltura, pesca, acquacoltura, gestione e mantenimento dei vivai. Naturalmente include il settore del cibo e delle bevante, così come quello di legna, carta, pellame, tessile, chimico e farmaceutico e in ultimo, ma di certo non meno importante, il comparto della produzione di energia.
Uno degli obiettivi fondamentali della bioeconomy è quello della transizione da un'economia basata sul petrolio ad una basata su tecnologie biologiche sostenibili e rinnovabili. Obiettivo che, come tutte le attività in fase di lancio, offre potenzialmente grandissime possibilità di crescita e di impiego. Allo stesso tempo il maggior impegno nella ricerca, punto cardine di questa teoria, fa da base alla presa di coscienza della comunità internazionale riguardo l'alimentazione di tutti i popoli, l'accesso all'energia e all'informazione e naturalmente alla protezione dell'ambiente.
Per concludere, bioeconomia vuol dire naturalmente anche (non solo e a lungo andare nemmeno principalmente, ma attualmente è la voce più importante) coltivazioni e produzioni di alimenti biologici. E qui finalmente per l'Italia ci sono buone notizie.  Leggendo i dati del rapporto "Green Economy per uscire dalla crisi" presentato durante Ecomondo 2012 agli stati generali della green economy apprendiamo che l'Italia è la prima nazione in Europa per numero di aziende impegnate a vario titolo nel biologico con quasi 50.000 unità; finalmente, ci viene da dire, una buona notizia ed un segnale incoraggiante di inversione del trend a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni, fatto di immobilismo, ritardi e mancata innovazione.
L'italia, primo produttore mondiale di ortaggi biologici, agrumi e olive conta ben 243 prodotti a marchio DOP e IGP, oltre 500 vini tra DOC, DOCG e IGT e quasi 5.000 specialità regionali, ha così dimostrato di sapersi muovere in anticipo sulle tendenze e di essere in grado di mettere in relazione la propria produzione alle esigenze del territorio secondo i più innovativi principi di economia ecosostenibile.
La qualità del pro

dotto 
biologico italiano si impone non solo nel mercato nazionale ma anche a livello internazionale, garantendosi premi e riconoscimenti ovunque nel mondo e riuscendo a ritagliarsi un ruolo sempre più rilevante nell'economia globale erodendo quote di mercato e profitti a danno dei grandi produttori industriali, della lobby dell'alimentare e dei grandi marchi che fino ad oggi, ma speriamo anche questo sia un trend finalmente in declino, hanno dominato il mercato mondiale dell'alimentazione.

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